Imparare l'inglese: dal mito al metodo
Non esistono metodi infallibili o formule magiche per imparare una lingua. Esistono, però, metodi che funzionano davvero.
PAOLA MELLONI
Provate a digitare su un qualsiasi motore di ricerca “imparare l’inglese” e vi troverete sommersi da un mare di titoli accattivanti che promettono di farvi apprendere la lingua in poco tempo, con facilità, senza sforzi e con metodi infallibili che, in alcuni casi, sono addirittura brevettati o certificati. Ci sono articoli, libri, canali YouTube, podcast, app… un mondo intero dedicato a spiegare come imparare una lingua, con proposte di ogni tipo e provenienza, come se arrivassero da un altro pianeta. Conosciamo tutti questa sensazione. Anch’io ci sono caduta!
L’ultimo libro che ho comprato (con tanto di CD) prometteva di insegnare l’inglese tramite l’ipnosi. Sì, avete capito bene. Funziona? Non lo so, io l’inglese già lo conoscevo e l’ho preso solo per curiosità; quindi, non saprei dire se sia efficace. Ma il punto è un altro: vorrei attirare l’attenzione sul vasto mondo delle lingue straniere e sui metodi, spesso insoliti, che promettono di insegnarle e che molti che cercano invano: un metodo che funzioni davvero! Perché questo caos?
Una risposta c’è, ma questa è una storia che mi riprometto di raccontare in un altro articolo, molto presto. Per ora, mi limito a condividere quello che, secondo me, è il metodo che ha permesso a tanti di arrivare a parlare l'inglese come seconda lingua. Un po' come è successo a me: oggi l’inglese non solo lo parlo, ma lo insegno.
Si tratta del metodo comunicativo-funzionale. Un approccio all'insegnamento delle lingue che si concentra sull'uso pratico della lingua per comunicare in situazioni reali. Questo metodo è particolarmente efficace per l'insegnamento dell'inglese, poiché mira a sviluppare competenze linguistiche autentiche e funzionali piuttosto che solo conoscenze grammaticali o teoriche. In pratica, si basa su cinque principi fondamentali.
4. Tutto in un’Unica Lezione
In ogni lezione, metti alla prova tutte le abilità linguistiche: ascolto, lettura, parlato e scrittura. Non importa se stai simulando l'acquisto di un biglietto del treno o leggendo un menu: utilizzi la lingua esattamente come faresti nella realtà.
5. Sbagliare è OK!
Gli errori sono parte del gioco, ma anche un’opportunità per imparare. Ogni esercizio proposto è studiato per catturare i tuoi dubbi, e attraverso un lavoro di verifica e controllo guidato dall’insegnante, imparerai a correggerti da solo prima ancora che ti venga segnalato l’errore. Ogni errore è un passo verso il miglioramento!
Ecco qui, ricetta svelata! Più facile a dirsi che a farsi? Forse no! Considera questi ultimi punti di riflessione.
1. Ogni essere umano apprende una lingua in un contesto sociale: è in gruppo che impariamo a parlare la lingua, qualsiasi essa sia. La socialità dell’apprendimento di una lingua straniera ci sottopone alla responsabilità di una crescita personale in cui dobbiamo imparare a gestire la nostra personalità e a comprendere quella altrui. Ecco perché è così difficile apprendere a parlare un’altra lingua. Ma non è solo questo!
2. In gruppo si esercita la nostra capacità di sperimentare un mondo a sé con i nostri pari, una realtà separata che ci protegge dalla paura di sbagliare, di perdere la faccia, perché il gruppo che apprende è proprio il nostro gruppo, che ci protegge e ci facilita il compito. “Voler imparare da soli a utilizzare uno strumento sociale è un controsenso.” Parola di antropologa!
In conclusione, il messaggio è chiaro: ogni percorso linguistico richiede tempo, motivazione e anche denaro. Assicurati che questi elementi si traducano in un investimento con obiettivi a breve e a medio termine, in cui, nel tempo tra uno e l’altro, capirai se stai davvero sperimentando il metodo che ti ho descritto. L’apprendimento di una lingua straniera è “sociale, costruttivo e cooperativo”.
THE END
NOTE:
Il virgolettato e il corsivo sono di Balboni P.E., Imparare le lingue straniere, Venezia, Marsilio Editori, 2008. Riferimento al paragrafo 2.3.1 L’apprendimento di una lingua è “sociale” (pp. 38-40).